AIM – Intervista

208237_10150200488115260_31654425259_8773007_3455853_n1.jpg Gli AIM fanno una musica calda, avvolgente, ma anche aspra e con echi e influenze punk. Ascoltando il loro ultimo lavoro non si può fare altro che lasciarsi trasportare nel loro mondo, e vedendoli live si viene letteralmente rapiti dalla loro energia.

C’è chi li ama e c’è chi li odia, com’è giusto che sia: io li amo, e ascoltandoli mi sono sorte alcune domande a cui Fiorenzo (voce) ha gentilmente risposto.1) Innanzitutto, parlami un po’ della band: quali sono le vostre principali influenze musicali? I vostri brani nascono di getto o dopo un attento studio?

Personalmente mi piacciono molto band come Elliott, Sunny Day Real Estate, Copeland, Mew ma anche hardcore vecchia scuola come Good Riddance, Lagwagon, NOFX e Rancid. Possiamo dire che la musica degli Aim è un mix tra queste due componenti: cuore e potenza.
Rispetto ai nostri brani, solitamente nascono da un mio giro di chitarra e da una specie di cantato che, quando mi convince, porto in sala prove e lì lavoro insieme al resto della band.

2) “L’unica patria degli AIM è il palco, e chi li ha visti, una sera ve lo racconterà” e io, dopo avervi visti live, posso confermare. Da dove nasce tutta l’energia che scatenate durante i vostri concerti? Cosa proviquando vedete i vostri fans scatenarsi sotto il palco?

E’ un elevarsi. Ogni live degli Aim è un viaggio in cui personalmente ripercorro ciò che mi sta succedendo in quel determinato periodo, in cui vedo volti amici, in cui sento amore. E da qui scaturisce la nostra grande energia. Rispetto ai fan scatenati sotto il palco, mi comunica più energia gente ferma ma attenta e coinvolta nello show.

3) Nel vostro ultimo album, “We are sailing”, ci sono echi che ricordano i Verdena e i Ministri, ma più di tutto si sente il vostro stile inconfondibile, che rispetto al precedente lavoro è sicuramente maturato: quanto vi sono serviti questi anni di pausa dallo studio, in cui avete fatto moltissimi concerti in Europa?

Ci sono serviti sicuramente per essere più compatti e per avere un feeling ed una determinazione sempre più grande. Inoltre il fatto di suonare molto, soprattutto in Europa, mi ha fatto crescere molto artisticamente, conoscendo, incontrando gente e musicisti incredibili e lasciandomi anche contaminare da loro, trattenendo ciò che ritenevo utile alla crescita del mio stile.

4) La sorpresa forse più gradita nell’album sono le canzoni in italiano: le avete inserite per abbattere l’ultimo “muro comunicativo” che rimaneva tra voi e i fans italiani, o c’è qualche altro motivo particolare?

Sicuramente l’utilizzo dell’italiano ci aiuta ad accorciare le distanze con il pubblico del nostro Paese, ma per me è stata più una sfida che un desiderio. Infatti tutti dicono che è difficilissimo scrivere in italiano ed io ho voluto provarci, sotto il consiglio di Federico. Ed onestamente, quando riascolto le canzoni in italiano degli Aim, la sensazione è piacevole.
Sicuramente in italiano il sound degli Aim è ancora più particolare. Sta però a voi giudicare.

5) Ascoltando la passione racchiusa in ogni vostra canzone e vedendovi sul palco, sorge spontanea un’ultima domanda.. Cos’è per te la musica?

Bella domanda.
Suonare, la musica è un modo di giudicare e di fermare, afferrare ciò che mi succede, cose belle, meno belle, sensazioni, stati d’animo, e di dipingerle, racchiuderle in qualcosa – il cd, la nostra musica – che possiamo dire rimarrà per sempre. È un po’ un tentativo alla Keats nella poesia “Ode on a grecian urn”. Il concetto è lo stesso. Se non l’avete mai letta, da buon professore di inglese, ve la consiglio.

Elena Antolini (Luglio 2011)

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