Peter Murphy – Ninth (2011)

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Ci sono artisti che agli ascoltatori sulla via della mezza età sono rimasti scolpiti nella memoria a caratteri di fuoco.

E’ il caso ad esempio di Peter Murphy.

Per me e i miei più o meno coetanei travolti dalle ondate punk, new-wave e post-punk è un nome imprescindibile, non dico allo stesso livello di Ian Curtis però certamente uno di quei nomi che, anche a seconda dei gusti per chi ha amato e ama la musica di quel periodo (fine ’70, primi anni ’80) e potrebbe quindi metterlo più in alto o in più basso nella propria personale classifica, rimane fra i dieci più importanti del periodo. E lo dico anche in virtù del fatto di averlo potuto ammirare dal vivo sia con i Bauhaus (tour di Mask) che da solo (tour di Should the World fail to fall apart).

Perché questo preambolo?

Perché mi son reso conto una volta di più che artisti, band per me importanti sono per le nuove leve, ma anche per molti di quelli che si avviano verso i trent’anni, o dei perfetti sconosciuti o dei nomi di cui han sentito parlare ma dei quali non hanno ascoltato nulla o quasi. Mi ha dato ulteriore certezza al riguardo l’atteggiamento di indifferenza, se non addirittura di fastidio, avuto dalla gran parte degli spettatori all’ultimo concerto italiano dei System of a Down nei confronti di Glenn Danzig (che non è esattamente l’ultimo fesso nel panorama rock con connotazioni oscure) e la sua band, probabilmente se lo avessero presentato come l’ex cantante dei Misfits la cosa forse, e sottolineo FORSE, sarebbe andata diversamente.

Per cui band FONDAMENTALI come Siouxsie & the Banshees, Wire, Pere Ubu, Swans, Wall of Voodoo, Clock DVA, Birthday Party e appunto i Bauhaus di Peter Murphy risultano quando va bene echi della memoria, pur avendo e pur continuando ad influenzare tutto ciò che è venuto dopo. Si salvano in parte da questo “oblio” i Joy Division per ovvie ragioni, i Killing Joke e i Cure. Gli unici che continuano a godere, con merito sia chiaro, di popolarità oggi ancor più che allora sono gli U2 (influenzati a loro volta proprio da Joy Division e Siouxsie & the Banshees) che esordirono con Boy nel 1980.

La cosa per me “divertente” è che oggi più che mai ci sono centinaia di giovani gruppi e artisti che convinti di proporre qualcosa di nuovo invece non fanno altro che riproporre sonorità “vecchie”. Per fortuna come contraltare ci sono tantissimi artisti e bands che vuoi per l’esempio di Trent Raznor e i suoi NIN, vuoi per l’esempio di Editors, Franz Ferdinand, Interpol, Ladytron e tanti altri, non fanno mistero di guardare agli artisti citati prima ed ad altri dello stesso periodo.

Peter Murphy è senz’alcun dubbio una delle icone del post-punk, lo è ancor di più se parliamo della darkwave (o come scrivono coloro che ne capiscono di etichettazioni: goth-rock).

Finita la sua prima parte di avventura con i Bauhaus nel 1983 e dopo la sua strana esperienza col compianto Mick Karn (praticamente tutta via posta) nell’interessante esperimento Dali’s Car testimoniata dall’album The Waking Hour del 1984, Peter Murphy ha dato vita alla sua esperienza solistica nel 1986 con Should the World Fail to Fall apart. Una carriera che come è ovvio ha avuto i suoi alti (pochi, a mio gusto: The Waking Hour, Should the… e in parte Dust), i suoi bassi (tutto il periodo biondo platino) e suoi così così.

Ninth è la sua ultima fatica (pubblicato dalla Nettwerk) e come fa intuire il titolo è (contando anche The Waking Hour o se preferite l’album dal vivo A Live Just for Love) il suo nono album da solista.

Non nascondo che mi sono avvicinato all’ascolto con i piedi di piombo e prudenza memore degli ascolti precedenti, ma anche con una certa fiducia perché Go Away White (l’album della seconda reunion con i vecchi compagni di percorso Bauhaus) pur non avendo aggiunto nulla alla gloria e alla storia dei Bauhaus si era rivelato un disco più che dignitoso. E’ debbo dire che la fiducia non è stata mal riposta.

Ninth pur non essendo un album trascendentale è un disco ben fatto, con brani che vanno dal discreto (Never Fall Out, Memory Go, The Prince & Old Lady Shade) al più che buono (le restanti 8 canzoni) qualitativamente parlando. A livello di sonorità è un disco molto rock e poco pop, che guarda ancor di più che nelle precedenti prove al passato e agli ’80 però al contrario di quanto si potrebbe pensare guarda assai poco ai Bauhaus (pur non dimenticandoli ovviamente, Secret Silk Society ad es), infatti come sonorità ricorda le tre incarnazioni di Ian Astbury (Southern Death Cult, Death Cult e primi Cult), i Cure, ancor di più ricorda i Sisters of Mercy e in parte tutte le band melodic goth metal e love metal influenzate guardacaso tra l’altro anche da Sisters of Mercy e Bauhaus.

Ma soprattutto Ninth è un album che ci restituisce un Peter Murphy davvero in gran spolvero, con una prova vocale maiuscola (ascoltare tra le tante I Spit Roses per credere) capace di dar sostanza e forza anche ai brani più deboli e meno interessanti a livello di scrittura, paradossalmente nella canzone più forte (Slowdown) si dimostra meno ispirato come linee vocali che nelle altre.

Per concludere, Ninth è a voler essere ingenerosi un disco più che decente, ora non ho idea se questo sia il suo canto del cigno o se preferite l’ultimo ruggito di un vecchio leone fatto sta che per me è decisamente un buon album che metto fra le cose migliori fatte da Peter Murphy come solista e che consiglio caldamente sia a chi lo ha amato e lo ama tuttora sia a chi non lo conosce, è l’occasione buona per scoprire un grande interprete ed una grande voce.

A must have!!!

 

 

 

 

 

Mario (giugno 2011)

 

 

 

 

 

Tracklist:

1.”Velocity Bird”

2.”Seesaw Sway”

3.”Peace To Each”

4.”I Spit Roses”

5.”Never Fall Out”

6.”Memory Go”

7.”The Prince & Old Lady Shade”

8.”Uneven & Brittle”

9.”Slowdown”

10.”Secret Silk Society”

11.”Crème de la Crème”.

 

 

 

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