Gotan Project – Live report @ Reggia di Venaria (Torino 26/07/2010)

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I Gotan Project acchiappano.

Li potrebbe ascoltare mio padre, cosa che fa, mia madre, mio fratello, che prende lezioni di tango con la fidanzata, io, zii & nonni. Il tango non lascia indifferenti mai.

Quando parte qualcosa di Astor Piazzolla ci sta sempre bene, sia in una sagra di paese che alla fine di una festa in cui si è ballato elettronica o Ligabue. Tutti diranno, che bello, il tango, quanto mi piacerebbe saperlo ballare.

Io per lo meno lo direi.

Fra tutti quegli stupidissimi balli sudamericani in cui i danzatori si dimenano con plasticoso sorriso sulle labbra, il tango (con la rumba) mi paiono gli unici ad avere una loro dignità e di cui invidio i ballerini.

Sarà l’espressione assorta, la sensualità non caciarona.

Sarà Paolo Conte.

Ecco sì, sarà Paolo Conte e le verdi milonghe e Libertango e la pubblicità della Vecchia Romagna e i Gotan project che quando uscirono con La revancha del tango mi fecero innamorare incondizionatamente.

La solita meravigliosa location con la reggia di Venaria alle spalle che ha accompagnato quasi tutti i grandi concerti torinesi di quest’anno, per i tangheri pare particolarmente azzeccata perché l’esibizione si muove nella continua ricerca dell’eleganza. Questa attitudine, però, a tratti diviene inevitabilmente di maniera e toglie la passionalità che invece dovrebbe essere la base della musica del trio franco-svizzero-argentino.

A farci sognare di Buenos Aires e di donne che fumano nell’ombra mentre scrutano locali da ballo semivuoti, insieme ai tre membri originali che si differenziano dagli altri perché portano un cappello anni 30 ci sono pianista, fisarmonicista, una violinista e la voce splendida della cantante.

Fra Santa Maria (del Buen Ayre) e Diferente si inseriscono le canzoni dell’ultimo album Tango 3.0 insieme ad un accenno a Queremos paz con la voce di Salvador Allende che chiede una vita migliore per il suo popolo.

Alle spalle dei musicisti i raffinatissimi video, con protagoniste sempre e rigorosamente donne, rendono l’atmosfera più calda e lo scarto con le parti lanciate dal dj, che sono tante, minore.

Per un concerto così sarebbe meglio un locale fumoso che uno spazio all’aperto ma ci pensano alcune coppie di ballerini nostrani che danzano su ogni singola canzone a riportare il senso della musica che stiamo ascoltando, musica da ballo per cuori palpitanti.

D’altra parte anche se i musicisti paiono raffreddati, ci pensa la cantante, fascinosa da morire e il fisarmonicista in estasi che ha tiene la parte di uomo enigmatico per tutto il concerto a scaldare i cuori.

Quando i due si lanciano in qualche passo di danza pare il degno finale di questa lunga milonga sensuale durata il tanto di un concerto.

Il pezzo su cui si avvinghiano è un piccolo omaggio al gentile pubblico. Una canzone nuova, Imigrante, dedicata ai nostri connazionali che a frotte sono scappati dalla miseria della loro nazione per finire in sud america ed in particolar modo in Argentina dove, dopo che stasera abbiamo sentito che musica meravigliosa viene da lì, è forse più bello sapere che il 40% della popolazione ha origini italiane.

 

 

 

 

Claudia Pinna (luglio 2010)

 

 

1 Comments

  1. Philosophus80

    Errate corrige: la voce in Queremos Paz non è quella di Allende ma quella del Che. E’ il campionamento del celebre discorso alle Nazioni Unite del 12 dicembre 1964

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