PERE UBU “The art of walking” (1980)

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Il processo di sintesi inaugurato da “Dub housing” e proseguito con “New picnic time” (“The modern dance”, confermo e ribadisco, è un unicum a sé stante), giunge a completamento e al punto di non ritorno con “The art of walking”, disco ancor più avant gard dei precedenti. 

Guardare in avanti con coerenza ed integrità è l’obiettivo principe e i Pere Ubu, per dirla con David Thomas, sono pionieri poco propensi ad organizzare insediamenti sulle coste appena scoperte (*1).

La bandiera dell’integrità issata sul ponte del vascello Ubu è stata già fatta a pezzi dalla fidanzata di un amico a me caro ed i rischi stavolta ricadono sui fidanzati perché per masticare“The art of walking” ci vogliono denti robusti. E’ prendere o lasciare senza vie di mezzo, un po’ come in “New picnic time”, con la differenza però che quel disco in qualche modo chiudeva una fase, questo forse ne apre un’altra.

L’allontanamento progressivo dal canonico formato rock qui arriva ad un punto di massimo anche, ma non solo ovviamente, grazie alla presenza di Mayo Thompson che restituisce il favore agli Ubu che avevano partecipato in blocco a “Soldier talk” dei Red Crayola.

Orfani di Tom Hermann i Pere Ubu scendono sul terreno della ricerca e sembrano concettualizzare ancora di più nel tentativo di realizzare forme aspre di seduzione.
Aspre e strane forme di seduzione come quella di
“Rhapsody in Pink” (*2) o di “Arabia” si affacciano coraggiosamente ed insieme a “Loop” e “Lost in art” rappresentano al meglio la nuova dimensione dei Pere Ubu. La partenza però è quella marziale di “Go” con la chitarra che zig zaga sul classico Ubu sound con break oscuro che ha gli stessi accordi ma non ve lo fa capire. “Go” insieme a “Birdies”, a “Rounder” e a “Misery goat” svela la parte più immediatamente riconoscibile e commestibile, se così si può dire, di “Art of walking”. Siamo ancora vicini alla riva insomma. Discorso a parte invece per “Horses” che uno sconsolato Mayo Thompson canta accompagnato dal piano e che trova il suo climax in un bellissimo whistling dal sapore Morriconiano.

Falso allarme però, un attimo dopo, ed è la chiusura, sax stridenti, percussioni filtrate ed elettronica impietosa riportano il vascello al largo.

(*1) Si fa riferimento ad una piccata risposta che Thomas diede al produttore che invitava gli Ubu a bissare “The Modern Dance”.

(*2) Pink è una grossa palla rosa e racconta la sua triste storia. Pink è sul fondo di uno splendido e ampio mare di colore verde, gli uccelli dall’ alto e i pesci attorno a lei la lusingano perché si sente osservata. Ma poi la corrente la porta via e la fa spiaggiare come un cetaceo. Verrà lavata e schiarita come un osso al sole. Lei vorrebbe piangere ma le basta che la sua storia, “triste e vera di stanotte”, possa essere una lezione per chi la ascolta.

 

 

 

 

Anto (1980)

 

 

 

 

Tracklist:

  1. Go

  2. Rhapsody in Pink

  3. Arabia

  4. Young Miles in the Basement

  5. Misery Goats

  6. Loop

  7. Rounder

  8. Birdies

  9. Lost in Art

  10. Horses

  11. Crush this Horn

  12. Arabian Nights

 

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