Di Viola Minimale – Ai margini del tempo, dei colori, del suono e della narcolessia (2009)

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Dei ragusani Di Viola Minimale avevo già parlato in occasione del loro primo omonimo album.

Chiusi quella recensione con la previsione che la band avrebbe esplorato lidi ancor più personali ed intriganti rispetto alla prima prova sulla lunga distanza.

Oggi ho finalmente l’opportunità di scoprire se son riuscito a vedere “lontano”.

In parte direi di si.

Infatti in questa seconda prova uscita a fine dicembre 2009 la band ha continuato ad evolvere il proprio sound andando a scavare ancor più nel passato della musica rock alternativa, virando in maniera evidente su sonorità di ispirazione goth-rock o dark che dir si voglia. Per cui se nei vecchi brani le band di riferimento erano ad esempio Marlene Kuntz, Afghan Whigs e Blonde Redhead, in questo nuovo album sono decisamente più evidenti i riferimenti alla darkwave anni ’80 in particolare a Bauhaus, Siouxsie & the Banshees, e in alcune scelte vocali a Giovanni Lindo Ferretti dei CCCP/CSI. Ma ciò non stupisce in quanto già nel primo omonimo album i Di Viola Minimale avevano mostrato attraverso l’uso delle chitarre arpeggiate unite ad un mood malinconico – romantico una affinità con la darkwave.

Nei nuovi brani prevalgono suoni minimali e “semplici” rispetto a quelli più energici e distorti, conditi con dissonanze, sonorità e loop noise più di scuola Lee Ranaldo nelle sue sperimentazioni da solista piuttosto che Sonic Youth come invece avveniva nell’album precedente. In queste nuove canzoni contenute su Ai margini del tempo, dei colori, del suono e della narcolessia si nota inoltre sia la crescita vocale di Davide Cusumano (bella la voce arrochita come ad es. su Le cose che verranno) che quella strumentale d’insieme non tanto a livello di tecnica quanto a livello espressivo. La cosa bella che hanno mantenuto rispetto al passato è la sostanza e il carattere all’interno dei brani, nei quali è evidente la voglia di fondere la precedente tranquillità apparente che esplodeva in sfuriate chitarristiche in un nuovo unicum. Di conseguenza le nuove composizioni, anche nei brani più minimali e a prima vista semplici fatti di sola chitarra, voce e talvolta basso, sono mosse da una forza e da una tensione interna capaci di generare uno spessore che le rende decisamente intriganti, oscure e affascinanti, contraddistinte da sonorità che ricordano si un gustoso mix degli artisti citati prima ma comunque frutto della personalità dei Di Viola Minimale.

Con Ai margini del tempo, dei colori, del suono e della narcolessia la band siciliana ha dimostrato di aver voglia di non rimanere ferma su sonorità già sperimentate e di tentare altre strade con le quali esprimersi. Forse (e sottolineo il forse) qualcuno potrà imputare ai Di Viola Minimale di non esser originali ma mi chiedo e chiedo chi lo è oggigiorno? Quante sono le band veramente originali?

Per quel che mi riguarda questa loro nuova prova è decisamente più che buona e che mi rende ancor più curioso sui prossimi passi dei Di Viola Minimale, un album che consiglio a tutti e in particolare a chi ama le sonorità oscure.

 

 

 

 

Mario (febbraio 2010)

 

 

 

 

Tracklist:

01. Ingegni
02. La plenitudine del momento
03. Mai veramente nati
04. Le cose che verranno
05. Maldestre e vanesie
06. L’indomani della sconfitta
07. Trance ipnotica
08. Ai margini del silenzio

 

 

 

 

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