MARCO NOTARI – BABELE (2008)

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E’ da un po’ di tempo che, nella musica italiana, si ha la sgradevole tendenza a prediligere quello che “brilla” e “tintinna”, costringendo le case discografiche a sputare fuori artisti senza il minimo concetto, accompagnati solo da un’orecchiabile linea melodica. Colpa della crisi discografica, forse, ma si sa che gli affari sono affari e il mercato non guarda in faccia a nessuno.

 

Ascoltando cd come questo, invece, non si può far altro che ringraziare di trovarsi di fronte ad un’eccezione.

 

Probabilmente “Babele” non raggiungerà mai le vette delle classifiche di MTV, è un prodotto troppo concettuale, ma farà fare più di un sorriso a chi ricorda con nostalgia i bei tempi in cui la musica rock in Italia aveva un’anima.

E proprio sul concetto di anima, di intimo, potrebbe essere incentrato tutto questo progetto.

 

Attraverso le 12 tracce ci si avventura per un viaggio profondo, altamente introspettivo e spesso malsano, che sa di fumo di sigaretta e speranze facili a morire. Quasi una spirale, una ragnatela, che intrappola l’ascoltatore in un’atmosfera cupa e distorta, con ben poco scampo.

 

Anche sul lato tecnico tutto sembra essere stato cucito addosso a questo mood: i ritmi a volte rock, a volte quasi onirici hanno sempre un ché di ovattato e ridondante, le chitarre sono spesso accompagnate da lunghi delay e sono sempre presenti strumenti a corda o a tasti che coadiuvano il forte senso di vertigine. Il comparto vocale è quasi sempre scarno, il timbro è tirato e allungato quel tanto che basta per far sembrare Notari in preda ad un forte malessere.

 

In brani come “Crisalide” o “Anch’io perduto ormai” l’autore e la sua band sembra vogliano dissuadere chiunque ad avere anche solo il minimo accenno di rivalsa, tenendolo per i polsi in modo leggero ma insindacabile. In tracce come “Io non mi riconosco nel mio stato”(unico vero singolo proponibile all’industria musicale italiana), invece, si denota una voglia maggiore di urlare il proprio disagio, anche se con toni sommessi, quasi in preda ad una apatica, schizofrenica frenesia.

 

Un cd che esprime a fondo il disappunto verso certi canoni e parecchi luoghi comuni, un progetto che ha del coraggioso. Un che di Baudelaire che si fonde con il rock, da ascoltare in una stanza buia (magari intrisa di fumo) e con la mente rigorosamente aperta.

 

 

 

 

Dex (giugno 2009)

 

 

 

 

Tracklist:

01. crisalide
02. piuma
03. babele
04. io non mi riconosco nel mio stato
05. amore e psiche
06. lucia ha una pistola
07. porpora
08. su un treno che muove verso il nulla
09. anch’io perduto ormai
10. la mia vita è un investimento sicuro
11. sacrilegio di luce
12. arrivederci

 

 

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